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Ercolano - Tre secoli di scoperte

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Messaggio  Giuliano Gio Ott 23, 2008 12:53 pm

Ercolano - Tre secoli di scoperte Amazzone

fino al 30 aprile 2009

Sculture, affreschi e tessuti per rievocare tre secoli di scoperte nella città vesuviana.
Distrutta con Pompei dall’eruzione del 79, d.C., Ercolano è stata superata nella fama dalla città vicina. Immeritatamente. Perché è stata la prima a essere scoperta e a suscitare in tutta Europa, era il 1738, un entusiasmo incontenibile per l’antichità. E poi perché gli arredi in legno ben conservati, i papiri, la stessa varietà delle tipologie abitative, la rendono un unicum in tutta l’area vesuviana venuta alla luce.
Se Pompei vanta la Villa dei Misteri, che continua ad alimentare azzardate interpretazioni, Ercolano, con la sua Villa dei Papiri, ha restituito una biblioteca di testi greci: tesoro di conoscenze filosofiche e conferma dell’importanza della cultura ellenistica per l’aristocrazia di fine repubblica.
Non è comunque un risarcimento tardivo la mostra «Ercolano. Tre secoli di scoperte», che il Museo Archeologico Nazionale di Napoli ospita dal 16 ottobre ad aprile (catalogo Electa), almeno per l’attuale Soprintendenza archeologica. Che ha restaurato strutture, affreschi, edifici (come le bellissime Terme suburbane), ha scoperto altre opere d’arte e i ricoveri marini dei fuggiaschi, provvedendo alla manutenzione e incrementando gli studi. Ercolano è così particolare, vuoi per gli straordinari ritrovamenti vuoi per l’evoluzione stessa delle ricerche (in età borbonica attraverso pozzi e cunicoli; nella prima metà del Novecento a cielo aperto, ad opera di Amedeo Maiuri) da conquistare il magnate dell’elettronica statunitense, David W. Packard, a sua volta studioso di storia e filologia classica: la sua fondazione, il Packard Humanities Institute, interviene con milioni di euro nelle priorità individuate di volta in volta.
Ma niente ricostruzioni arbitrarie o spettacoli a gogò: in sintonia col soprintendente Pietro Giovanni Guzzo, curatore della mostra con Maria Paola Guidobaldi, i contributi riguardano soprattutto la conservazione del sito per le future generazioni, ripristinando, ad esempio, le antiche fogne e condutture per l’acqua per evitare di compromettere fondazioni e pareti dipinte.

L’articolo integrale è disponibile nell’edizione stampata de Il Giornale dell’Arte di Ottobre 2008.



Fonte: Il Giornale dell'Arte
Giuliano
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