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Cloaca Maxima

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Messaggio  Giuliano Dom Nov 30, 2008 2:21 am

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Fin dalla fondazione di Roma, le acque sorgive e piovane, originate dai colli e dalle sorgenti naturali posti sulla riva sinistra del Tevere, venivano incanalate attraverso fiumicelli spontanei che convogliavano poi verso il fiume. L’Amnis Petronia ad esempio, convogliava le acque tra il Pincio ed il Quirinale fino alla zona a nord dell’attuale ponte Garibaldi; Lo Spinon raccoglieva le acque tra il Quirinale e l’Esquilino ed attraverso l’Agrileto, il Foro ed il Velabro, le portava all’attuale uscita della Cloaca Maxima; tra l’Esquilino, il Celio e l’Aventino, il torrente Nodinus le convogliava poco più a valle dello sbocco della Cloaca Maxima.
L’esistenza di questi torrenti determinava però numerosi impedimenti allo sviluppo della città, come l’impaludamento del fondo delle valli attraversate.
La prima cloaca venne quindi costruita verso il 616 a.C. con l’obiettivo di bonificare gli immensi acquitrini che occupavano le ampie vallate alla base dei colli e aveva gli argini in pietra Gabina e si sviluppava a cielo aperto.
Fu con lo stesso obiettivo di risanare l’area del foro che Tarquinio il Superbo decise di realizzare la Cloaca Maxima : la più grandiosa tra queste opere ed anche l’unica ad aver funzionato ininterrottamente dall’epoca della sua costruzione fino ai giorni nostri. Essa permise infatti di sanare le zone del Foro, del Circo Massimo e della Suburra, raccogliendo anche i collettori di scarico che venivano dal Velabro.
Rodolfo Lanciani in “Rovine e Scavi di Roma Antica”, spiega che l’andamento contorto del canale fu costruito seguendo l’esatto percorso dei torrenti e, consolidatosi nel corso di successivi ampliamenti e restauri, fu mantenuto anche quando la crescita della città impose la copertura del canale.
Infatti la Cloaca Maxima, per un lungo periodo venne mantenuta a cielo aperto. A testimonianza di ciò rimangono numerosi fori presenti sotto la volta, atti a tenere i passanti di legno dei numerosi ponti che l’attraversavano.
In seguito all’edificazione e all’intenso utilizzo della zona dei Fori si impose la copertura del condotto, che assunse le tipiche caratteristiche di fognatura; allo sbocco nel Tevere la fogna mostra un arco a tre ghiere in blocchi di peperino.
Il primo tratto della Cloaca Maxima ha invece le pareti in blocchi di pietra gabina; lungo il percorso vi sono delle aperture da cui si immettono fogne minori ricoperte a cappuccina.
La sezione del condotto è all'argine di m.2,70 di altezza per m.2,12 di larghezza, aumenta quindi progressivamente fino a raggiungere, alla fine del percorso, l'altezza di m.3,30 e la larghezza di m.4,50. Il tratto finale fu rettificato in relazione alla costruzione di un muro che fiancheggiava la sponda del fiume.
I tombini in genere, erano posti a pochi metri l’uno dall’altro, e corredati di ottimi bassorilievi in marmo di cui, il più famoso, è sicuramente quello che si conserva nell’atrio di S. Maria in Cosmedin, meglio conosciuto come “la bocca della verità”.
È possibile individuare il punto in cui la Cloaca Maxima attraversa il Foro grazie al sacello di Venere Cloacina, il cui basamento circolare in marmo bianco è ancora visibile accanto alla gradinata della basilica Emilia. Edificato in prossimità della Cloaca, era costituito da un recinto circolare al cui interno erano poste le statue della dea e presso cui si svolsero due avvenimenti della mitica storia delle origini della città: il primo fu la purificazione dei combattenti dopo la guerra determinata dal ratto delle Sabine, ed il secondo fu l’uccisione da parte del padre, della figlia Virginia per salvarne la virtù dopo essere finita nelle mire del decemviro Appio Claudio.
Oggi la Cloaca è quasi interamente percorribile e anche se è molto simile a un vero e proprio condotto fognario, la presenza continua di acque chiare costituite dal Nodinus, la rendono relativamente salubre alla frequentazione.
Le periodiche inondazioni che avvengono durante i consistenti temporali, la riempiono fin sopra la volta di acqua piovana e ripuliscono periodicamente il condotto delle impurità e dai sedimenti come previsto dalla progettazione romana.
Giuliano
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